Stop AIDS 2 autonomia lavorativa

Progetto

Il progetto denominato STOP AIDS 2 costituisce il proseguimento del progetto STOP AIDS – finanziato lo scorso anno dalla Fondazione 7 Novembre ONLUS e si concentra, in questa seconda fase, nella riabilitazione e nel recupero occupazionale dei malati di AIDS, permettendo loro di reintegrarsi nel tessuto sociale e di badare a se stessi. Con l’aiuto dei farmaci antiretrovirali i malati hanno visto allungarsi i tempi di sopravvivenza e la loro assunzione ed efficacia è stata garantita dal supporto alimentare che il precedente progetto ha fornito. STOP AIDS 2 vuole contribuire a far uscire dalla dipendenza dell’assistenza alimentare i malati già coinvolti nei programmi delle Associazioni di Assistenza Domiciliare (Home Based Care – HBC) in ogni distretto della Diocesi di Monze (il partner locale), attraverso una produzione alimentare sostenibile che permetta ai pazienti di rendersi autonomi e riprendere un’attività produttiva. L’obiettivo specifico di questo progetto è quello di offrire a 1500 malati e alle relative famiglie attività di formazione sulla sicurezza alimentare e avviare attività agricole famigliari mirate all’auto sostentamento. Beneficiari finali sono 9000 persone e le loro rispettive comunità, considerando una media di 6 persone per famiglia. Alla fine dei 12 mesi di durata del progetto, si stima che il 70% delle famiglie sarà pienamente coinvolto nelle attività di sicurezza alimentare (produzione agricola famigliare per l’autoconsumo) , e il 75% di queste famiglie uscirà dal programma avendo realizzato tali attività in modo sostenibile. In parallelo il progetto prevede interventi di supporto agli HBC per permettere loro di rendersi autonomi nel tempo in modo da poter continuare l’attività di assistenza nel corso degli anni. Questo supporto si tradurrà nell’erogazione di prestiti per l’avvio di attività generatrici di reddito a gestione cooperativa (Incombe Generatine Activities – IGA).

Testimonianza

Monze, Zambia 30 aprile 2008

“Cari amici e colleghi, eccoci come promesso a rompervi le scatole per fare un po’ di pubblicità al nostro progetto. Quello che state facendo in Italia per raccogliere un po’ di soldi non serve a pagare i nostri stipendi, ma ad aiutare il progetto a raggiungere i risultati sperati.
Quali? Sostenere 1500 famiglie con un membro sieropositivo ad avviare piccole attività produttive in modo che possano migliorare il proprio standard di vita e soprattutto in modo che possano garantirsi un costante e sufficiente accesso al cibo 1500 famiglie come quella di Chinyama.
Non conosciamo ancora la sua storia, ma il fatto che a 14 anni si presenti sola con la nonna ci fa riflettere. Vive a Chikuni, in una zona molto rurale, dove le sue coetanee iniziano ormai a diventare mamme.
Lo scorso mese le abbiamo finalmente portato le cinque capre che aveva scelto. Il momento della consegna e’ sempre uno dei più emozionanti, la gioia e la soddisfazione di Chinyama ci contagia e ci imbarazza. Non ci sentiamo di meritare i suoi continui ringraziamenti: siamo arrivati da troppo poco per pensare che l’aiuto che le stiamo dando sia dovuto a noi.
Pensiamo a CeLIM, grazie al quale siamo qui in Zambia, e in fondo non e’ altro che l’insieme di tante persone, tra cui voi, che hanno deciso di investire i propri soldi in questo progetto! Con questi pensieri accettiamo il suo “Tualumba (grazie)” in vostro nome, battendo a nostra volta le mani tre volte.
La consegna delle capre, dei maiali o dei soldi necessari ad avviare un piccolo banchetto di pesce secco al mercato è in realtà solo l’inizio del nostro lavoro. Le sfide iniziano ora, quando i nostri beneficiari si trovano a gestire una nuova attività, ma continuano a faticare ad affrontare la propria quotidianità.
Le capre ci metteranno almeno sei mesi per prolificare e ci vorrà un tempo ancora più lungo per poter avere un reddito soddisfacente per potersi permettere di comprare della carne. Almeno sei mesi da riempire di piccole attenzioni per evitare che gli animali si ammalino, per resistere alla tentazione di venderne subito almeno uno per avere almeno qualcosa da mangiare oggi, o per evitare che il poco guadagno venga rubato.
Già, succede anche questo, disperati che rubano ad altri disperati, mentre noi cerchiamo di trovare delle giustificazioni razionali, per calmare il nervoso che ci sale di colpo, pensando a tanta fatica sprecata. E’ quello che è successo proprio settimana scorsa a Elizabeth, una signora di 52 anni di Mbiya, un villaggio vicino a Mazabuka.
E’ stata una delle nostre prime beneficiarie, a ricevere tre maiali ad ottobre 2007, di cui due già adulti. Proprio questi due, settimana scorsa erano tanto grandi da promettere a breve almeno una trentina di maialini. Elizabeth ha iniziato ad organizzarsi emozionata per la vendita a Lusaka, con l’aiuto di suo figlio, per essere pronta alla nascita e non rimanere troppo tempo sommersa dai nuovi maiali nel poco spazio a sua disposizione intorno a casa. Ma proprio ieri purtroppo ci e’ arrivata la notizia che proprio questi due maiali sono stati rubati durante la notte, lasciando Elizabeth sola con il maiale più piccolo, non ancora gravido. Elizabeth, come la maggior parte dei nostri beneficiari, vive in una piccola capanna di fango e paglia dove e’ praticamente impossibile garantire una vera e propria sicurezza agli animali.
Queste sono un po’ delle emozioni quotidiane che viviamo quaggiù. Quando pensate a noi, non scordate di battere tre volte le mani, per rispondere a Chinyama, ad Elizabeth, e a tutti gli altri nostri beneficiari che ci chiedono di portarvi il loro Tualumba.
Un abbraccio
Francesco e Elisa”